Nulla da nascondere

Viviamo prevalentemente, chi più chi meno, una vita "panottica".

Questo perché di fatto accettiamo, ma ahimè non vedo come potrebbe essere altrimenti, pena l'isolamento, di vivere una vita in cui anche i più minimi dettagli sono tracciati e catalogati.

Possiamo cercare di limitare questo tracciamento e catalogazione, ma sicuramente con scarsi risultati e per poche azioni e poco tempo, contrariamente a quanto alcuni ritengono.

Di contro e contemporaneamente però, siamo anche portati a pensare di essere noi che controlliamo la vita degli altri.

È un effetto illusorio che deriva dalla "messa in piazza" della nostra vita in maniera consapevole che però ammanta la vera rete di controllo tessuta attorno a noi, portando molti a pensare che la cosiddetta "privacy" non serve se non si ha nulla da nascondere.

Falso. Illusione. 

Se il "panopticon" inteso come carcere fisico è di difficile realizzazione sino a rappresentare di fatto un'utopia, il panopticon inteso come vita dei singoli analizzata e messa in condizione di essere perfettamente catalogata è invece una realtà in cui siamo già abbondantemente immersi.

E in tutto questo in effetti non sappiamo mai chi sia chi effettivamente ci osserva, o meglio cataloga i nostri attimi di vita, e su questo programma il nostro futuro spingendoci nella direzione a lui o loro utile.

Se non ci si rende conto minimamente di questo e si continua a dire che se non si ha nulla da nascondere nulla si ha da temere dalla digitalizzazione forzata a cui siamo sottoposti, senza alternativa, credo sia difficile, come è per molti, comprendere la realtà in cui siamo "immersi" nostro malgrado.

Di fatto la sensazione di poter controllare, ma solo per aspetti estremamente superficiali, la vita degli altri, distrae molti dal ragionare su questo, ponendoli in una condizione di ritenersi al di fuori di tale stato di prostrazione e debolezza.