ACA: corsi e ricorsi


Siamo in estate. Siamo in agosto e puntuale come la Notte di San Lorenzo ci troviamo di fronte alla famosa e famigerata emergenza idrica.

Eppure i nostri territori sono più che ricchi di acqua.

Quindi, essendo un'evenienza, spiacevole, ricorrente da anni, qualcosa non funziona nei meccanismi e soprattutto nei riti che vengono messi in atto da chi in quel momento è attore di questo film apparentemente senza fine.

Ma cosa è la tanto vituperata ACA?

È una società in house di cui per il mezzo dell'ATO (Ambito Territoriale Ottimizzato - vedi link 1 ) i comuni sono parte integrante di una specie di società per il mezzo della quale gestiscono il servizio integrato dell'acqua e quindi della società, ACA appunti, che ne è il braccio operativo.

Nel tempo sono intervenuti altri elementi burocratici quali l'ERSI (Ente Regionale Servizio Idrico - vedi link 2).

Quindi a conti fatti una pletora di generali e di personaggi politici che tirano la giacca e soprattutto spostano interessi come se fossero foglie al vento.

Questi Enti di Ambito, oltre all'erogazione dell'acqua, con tutto ciò che gira attorno in relazione ad essa, sono incaricati di gestire la depurazione delle acque stesse.

Quindi la montagna di lavoro e soprattutto di interessi appare molto alta e soprattutto molto appetibile.

Detto questo,ci sono i funzionamento di tali organismi.

L'ACA, nello specifico, ha un CDA (Consiglio di Amministrazione) che viene votato dai sindaci in seno all'Assemblea, che nei fatti è la vera padrona dell'ACA per nostro conto. E per nostro conto intendo tutti noi che paghiamo la bolletta.

Il CDA di ACA fondamentalmente è un organo politico.

Veniamo al problema che ci interessa, anche se conoscere come vengono gestite queste società, ci permette di comprendere anche quale è il problema e soprattutto la causa e la genesi.

Ogni CDA che si avvicenda, giustamente, rivendica a se stesso una linea di azione che però è già fallata in partenza da azioni pregresse. Ovvero sprechi. Cercate in cronaca e ne troverete d'ogni riferito a questa "prassi". Quello più noto è quello relativo all'evaporazione, si proprio evaporazione, perché pare che nessuno abbia "attinto alla fonte", di 120mln di euro.

Detto questo torniamo all'acqua che non abbiamo, perché non credo non ci sia. Anzi. Viene buttata. Anche se non volontariamente, ma "grazie" alle non azioni.

Le sorgenti, le linee, i serbatoi, per parlare dell'acqua da consumare, hanno bisogno di manutenzioni e soprattutto di decisioni molto più concrete dei palliativi e delle toppo che si mettono.

Fare nuove linee è meritorio. Non trovare una soluzione per migliore la captazione a monte, ne limita se non peggio, la validità.

Quindi il problema è sempre quello. Ricorrente. E chi deve sapere sa. Non può non sapere. Però è pur vero che se si mettesse mano veramente la problema, coloro che avrebbero la sfacciataggine di farlo, sarebbero segati all'istante.

Quindi i Sindaci rappresentano i cittadini in seno a questi enti d'ambito. Quindi non comprendo alcune volte i ragionamenti di alcuni sindaci, specialmente quando poi sono all'opposizione. Quando si approvano bilanci, progetti, e tutto ciò che determinano la gestione , anche politica dei territori, seppur giusto che si arrivi ad una ripartizione, non si vede mai la programmazione di interventi esaustivi. 

Ognuno dirá: "ma sono solo". Se lo dicono in molti di avere il medesimo problema, evidentemente non siete soli. Siete solo un groviglio di singoli con il piattino in mano.

Inoltre, in questa incresciosa gestione di una parte fondamentale della nostra vita di paese civile, hanno, se vogliono, un ruolo anche i Consiglieri comunali. Come? Adottando e perseguendo lo strumento del "controllo analogo". O vero il Consigliere di un dato Comune che è parte di un dato ente d'ambito può, io aggiungerei deve, controllare l'operato del proprio Sindaco e quindi dell'Assemblea. 

È vero, nessuno ha la bacchetta magica. Però, provare a dare un senso al proprio ruolo potrebbe essere già in inizio.

Naturalmente il tutto costa fatica. Perché? Perché bisogna studiare e soprattutto "indagare".

Le "armi", intese come risposta, si costruiscono in tempi di pace.

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