Il labirinto

 


Ci spingono a forza in un labirinto.

Un labirinto con pareti alte che non permettono di guardare oltre. 

Un labirinto con percorsi tortuosi e ripetitivi per farci disorientare sempre più.

Ci stanno spingendo a forza verso un recinto che ricalca le community a cui per il mezzo della tecnologia e dei social man mano ci stanno educando. Da tempo.

Non conta più chi siamo e la nostra storia e per cosa facciamo ciò che facciamo.

Conta, o meglio vorrebbero fare contare, solo ciò che serve alla community che noi facciamo.

La spinta è forse verso la trasformazione di diritti in concessioni.

E in molti stanno assuefacendosi, conformando il proprio agire a questo stimolo crescente e sempre più pressante.

Spinti da questa frenesia dettata dalla paura da un lato e dalla necessità di conformarsi dall'altra, si perde di vista ciò che siamo e soprattutto chi sono gli altri.

Si delega la valutazione di chi abbiamo di fronte alla comprensione dell'eventuale etichetta identificativa della categoria dettata dalla community.

Non si riesce quasi più a parlare di qualcuno senza appiccicargli un'etichetta.

Prendiamo ad esempio il rapporto che si sta instaurando sempre piu tra la comprensione e la valutazione da parte delle persone ligie al dettato della nascente regola della community e chi manifesta per il rispetto dei diritti e soprattutto per il ripristino degli stessi.

Chi protesta oggi, con sapiente azione preventiva realizzata in tempo utile, è etichettato e descritto come persona violenta e non rispettosa delle regole. Regole della community appunto.

Le persone che guardando la TV o trovandosi nei luoghi in cui si manifesta, hanno un atteggiamento di condanna verso i manifestanti. 

Il mainstream e le sue majorettes, oltre ad una serie di etichette per i manifestanti e un identikit standardizzato ad uso e consumo della propaganda, ha costruito anche una sorta di coltre che rende queste persone come invisibili agli occhi di chi le guarda. Tanto dal vivo che sugli organi di propaganda.

I molti che osservano e puntano il dito, come se non fosse un fatto che incida anche sulla loro vita ciò a cui siamo sottoposti, appare quasi come se non vedessero costoro e non riescano a riconoscerne le sembianze umane e quindi poter riflettere su “chi” sono costoro, oltre il dettato di chi gestisce la community. Quasi come se si trovasse di fronte ad una massa informe.

Eppure già solo riflettendo e mettendo in relazione anche le informazioni propagandistiche con ciò che si vede e sente di persona, si potrebbe comprendere che costoro, etichettati come il male e come criminali, non sono altri che persone con le quali abbiamo condiviso e condividiamo molto della nostra quotidianità.

L'amico del calcetto, quello bravo ed educato, che hai conosciuto giocandoci insieme e che ti è molto simpatico e più volte hai detto che si vede che è una brava persona e che lo conferma quando parla.

Il medico che ti ha risolto in problema non grave ma che lo ha fatto grazie ad in approccio interpersonale diverso da quello di altri.

I genitori di quel compagno di scuola di tuo figlio, e con cui hai avuto modo di parlare alle feste scolastiche e che ti hanno dato dei bei consigli.

Il collega di lavoro educato e simpatico che incontri all'ingresso e con cui scambi due chiacchiere piacevoli nei momenti di pausa e che ti ha colpito per la sua capacità di comprensione.

Potrei continuare con decine e decine di ipotesi. Migliaia. Milioni.

Sì milioni. E già questo dato, milioni, dovrebbe fare riflettere e dovrebbe fare scattare almeno la.foglia di acquisire qualche informazione sulla quotidianità che ci sta no imponendo da due anni.

Non è mai troppo tardi per provare a guardare oltre le mura che compongono il labirinto entro cui ci stanno spingendo.

In molti lo stanno facendo. 

Ma il tempo stringe.