L'eco del silenzio

Sabato 11 marzo ho avuto modo di assistere alla proiezione del docufilm "Invisibili" che racconta esperienze dirette di alcuni italiani vittime di eventi avversi a seguito della inoculazione con informazioni e dati riportati da medici e professionisti coinvolti.

Premetto che anche io sono uno dei "toccati" a seguito della inoculazione, nel mio caso resa obbligatoria. 

Non mi soffermo molto sui contenuti che sono stati proposti in una chiave comprensibile e non ideologica e del prodotto in generale che mi è parso molto equilibrato e soprattutto rispettoso delle opinioni altrui. 

Notevole il contributo di professionisti non solo medici che hanno dato ancor più valore come cornice anche e non solo medica al quadro stesso.

La partecipazione, come mi sembra per quanto mi dicono amici che direttamente o indirettamente hanno informazioni sulle tante varie proiezioni sia in ogni parte d'Italia, è stato ampia e composta. 

Quindi tanta gente assiste a questa e ad altre proiezioni simili che allargano anche il loro campo di osservazione anche sullo stato e soprattutto sul perché di questo stato di cose nella sanità nazionale.

C'è da esserne fieri e contenti della diffusione del messaggio che si vuole veicolare che vede tutti, ma proprio tutti, per un verso o per l'altro, protagonisti di questo inesorabile scadimento della sanità nazionale oltre che per quanto ancor più strettamente legato alla "pandemia" ed alle sue implicazioni sociali e di vita.

Osservando la platea e tenendo anche conto di ciò che ho appreso relazionato da persone che come ho detto in precedenza hanno partecipato a numerose proiezioni, mi salta all'occhio la ristrettezza del campo dei convenuti.

Mi spiego meglio: i convenuti alla proiezione sono quasi solo ed esclusivamente persone che già sanno e che già hanno avuto modo a vario titolo di riflettere e farai una propria negativa in merito.

Non riesco a vedere la partecipazione di persone che invece non avessero già maturato un'opinione negativa su quanto vissuto e soprattutto sulla questione più strettamente legata all'inoculazione ed alle sue conseguenze sian dal punto di vista sanitario che delle limitazioni conseguenti.

Così com'è per le numerosi morti "senza correlazione" che si verificano costantemente.

Tutte queste questioni hanno un forte supporto statistico ma che non viene assolutamente evidenziato nel circuito dell'informazione mainstream, anzi il contrario.

Ma sono vicende strazianti che avvengono.

Eppure la maggior parte degli italiani continua a vivere come se ciò non avvenisse dandosi un miriade di spiegazioni ma senza porsi la benché minima domanda logica: perché?

Ho provato personalmente a coinvolgere qualcuno perché venisse alla proiezione e si facesse una sua idea. Senza spingere su come la possa vedere io. Così: "vieni e poi fatti un'idea".

Nulla. Nessuna adesione. Risposte di chi ha ormai assimilato in maniera indelebile e strutturalmente inamovibile quanto deerivante dal mainstream.

Vedo che neppure alcuni frammenti di informazione un po' più " reale" che trapela alcune volte, riesce a scalfire questa granitica narrazione sinora percepita e adottata acriticamente.

"Vabbè, ma in tutti i vaccini ci sono persone che hanno problemi."

"Guarda, ci sono delle statistiche, anche ufficiali,  che fanno rabbrividire e che nulla hanno a che vedere con qualsiasi precedente".

"Essì, la televisione perché non ne parla allora?"

E qui scatta il meccanismo di copertura messo in atto dall'adozione delle etichette e della campagna martellante congiunta a protezione e promozione di tutto ciò che abbiamo subito.

Di fatto siamo in un'immensa "camera d'eco" [1] e noi che a questa eco abbiamo fatto come Ulisse, contrapponendo l'osservazione e il ragionamento critico, ne abbiamo creata una seconda in cui siamo sempre noi a parlare con noi stessi.

Siamo praticamente posti in una sfera dentro cui vi sono altre sfere che tra di loro si ostacolano nella comunicazione.

Abbiamo tante eco ma in assordante silenzio della ragione critica.

Quindi, fermo restando la bontà di iniziative, anche rischiose in un certo senso, di proporre prodotti professionali di denuncia ed informazione, in effetti quale valore reale si riesce a dare a tali iniziative?

È vero, intanto se ne parla.

Però, mi vengono in mente molte iniziative assimilabili, prendiamo ad esempio i docufilm di denuncia di Olive Stone, che non mi pare abbiamo sortito nulla di che, anzi per prenderti per il c**o te li trasmettono anche in TV.

Dopo qualche anno che la cosa viene percepito in maniera diversa e soprattutto te li trasmette proprio il mainstream.

Questo, a mio avviso, evidenza ancora una volta la necessità impellente di perseguire un obiettivo di tipo culturale che però allarghi la platea di attenzione e che non produca ulteriori stanze d'eco. 

Non è facile. Non è semplice.

Ma va fatto.