Come le tre carte dei bari

Buona parte degli italiani, e non solo sui "famigerati social", che sono famigerati solo quando fa comodo, si sono appassionati e ancora lo sono ai vari cambi di casacca a livello giornalistico che ha interessato le maggiori reti televisive e alcuni tra i giornalisti e collaboratori.

Un dato credo sia evidente: l'assoluta ristrettezza della proposta che fluttua da una rete all'altra grazie ad una migrazione ipocritamente motivata da presunta mancanza di autonomia e pressioni varie.

Il fatto delle presunta mancanza di autonomia e pressioni varie viene abbondantemente smentite dalla realtà della durata della permanenza di costoro nei vari palinsesti.

Ma questo poco mi appassiona.

Mi solletica più la reazione delle persone che vivono tutto questo balletto con pathos e convogliamento emotivo.

Tifosi ora dell'uno ora dell'altro.

Vengono espressi giudizi negativi e positivi riferiti ai giornalisti e seguito e per le reti televisive.

Di una cosa credo non si tenga conto: il tutto è dettato da meri e personali interessi che nulla hanno a che vedere con le opinioni del "pubblico".

Così come le azioni degli editori e delle reti televisive sono dettate da necessità che hanno un solo denominatore: il profitto.

Quindi non riesco proprio a capire le esultanze di alcuni, motivate ad esempio dal fatto che alcuni di questi "migranti" non saranno più pagati da soldi pubblici.

Però il vero fulcro della questione non cambia: il banco vince sempre e questo, per vari e diversi motivi, altro non è che l'ennesimo gioco delle tre carte.

E l'armata a disposizione del mainstream non indietreggia di un passo.

Anzi, da un punto di vista riposiziona le sue truppe.

Coglioni euroinomani arcobalenati asintomatici