Sedati

Tutti noi abbiamo momenti non cui ricorriamo ad una una sorta di anestesia volontaria per poi in qualche modo estraniarci dal contesto che ci circonda.

Questo momento di intimità reale con sé stessi ha senza dubbio, a mio avviso, una grossa valenza per quanto al rapporto con sé stessi e quindi con la realtà che ci circonda e in cui volente o nolente siamo immersi quotidianamente e in ogni momento della nostra vita.

Ognuno di noi ricorre a metodi e modalità strettamente personali per poter essere solo nel senso più profondo del termine.

Essere da solo in quei momenti aiuta a riflettere e a rigenerare idee e obiettivi nonché comporta una irreversibile necessità: pensare.

Pensare e riflettere su ciò che si pensa inserendo il tuo pensiero nel contesto in cui vivi e con cui ti relazioni, anche a distanza, cercando di comprendere anche in cosa potresti e dovresti migliorarti.

Tutte queste azioni avvengono in vari modi e in svariate situazioni. Ognuno ha il suo "rituale".

Credo che ciò sia importante per ognuno di noi e che vada fatto proprio per registrare le proprie idee scegliendo se conformarle o meno. 

Questo è un processo che non credo sia facile e scontato per molti. 

Ho la netta sensazione, non da oggi, il mondo e l'uomo con le sue vicende esiste da prima del 2020, non dimentichiamolo, che sia un processo che molti non sopportano proprio e non riesco a capire il perché di ciò. Questo probabilmente è dovuto alla specificità di ognuno di noi per tutto ciò che sceglie e quindi processi per me scontati e necessari, per altri evidentemente lo sono meno ed in alcuni casi inutili se non proprio ignorati.

Però in maniera empirica sono giunto ad una mia conclusione che non ha certo valore se non per me: noi in alcuni momenti ci anestetizziamo.

Si, mettiamo il cervello in una condizione di avere una sorta di stop controllato e vigile e in cui decidiamo, spesso inconsciamente, come procedere a questa fase di rilassamento del cervello.

Lo anestetizziamo anche se pensiamo e per esperienza personale dopo questi momenti o dopo una serie ripetuta di questi momenti ho idee rimesse in ordine e ripulite. Spesso però mi sembra di aver fatto, o forse subito, il tutto in un attimo ma invece è passato tempo.

Tempo in cui ero vigile e assente allo stesso tempo. È una sensazione strana. Come quando guidi e ti ritrovi da A a B senza ricordati come ci sei arrivato nel dettaglio e quanto ci hai messo, ma ci sei arrivato: una sorta di autoipnosi vigile e cosciente di ciò che ti circonda.

Torniamo all'idea che mi sono fatto: molti si anestetizzano il cervello riempiendolo, come facciamo tutti, ma non elaborando ciò che lo riempie e soprattutto scegliendo riempimenti voluminosi ma leggeri allo stesso tempo.

Per non pensare in senso compiuto? Forse. Probabilmente.

Sicuramente per non sentire il dolore della vita. Anche per la più felice e realizzata. Quel dolore che però ti fa apprezzare la vita e tutto ciò che comporta in un mix imprevedibile e invitante. Almeno per me.

Questa mia considerazione mi viene avvalorata da alcuni scambi di battute e anche ragionamenti, brevi per ovvi motivi, ma non per un mia presunta superiorità, per mancanza di argomenti, che spesso mi trovo a vivere in ambienti diversi e persone diverse che però ai miei occhi sono accomunate da un obiettivo di vita ridondante: la tranquillità.

In uno di questi colloqui, volutamente, ho detto di questa mi idea ad una giovane laureata e piena di vita e la sua risposta mi ha lasciato interdetto, ma sino ad un certo punto: sí, è vero, anche io mi riempio di impegni per non pensare.

Come ho detto gli strumenti scelti per questa anestesia volontaria sono personali, e allora ho compreso, ma lo sapevo, per mia intuizione empirica, il perché del successo dei canali a pagamento e di trasmissioni televisive e il perché i palinsesti televisivi sono infarciti di tali trasmissioni e trasmissioni sportive portate all'eccesso, ma anche di guru e santoni new age: la gente paga e paga salato per anestetizzarsi.