Come un disco rotto

La sensazione che provo da tempo è un po' strana e nuova per me.

Ho la sensazione di essere come un disco rotto.

Anche se con aspetto e apparente diversità molte questioni, essendo la genesi di tante macro problematiche la medesima, di fatto mi trovo a giungere quasi sempre alla medesima conclusione.

Quella del disco rotto oltre ad essere una considerazione che qualcuno può fare di ognuno di noi, è anche una tecnica assertiva per non farsi distogliere dai propri obiettivi in merito alla risoluzione di una questione o per quanto a una propria opinione su qualcosa.

La sensazione strana credo nasca dal connubio delle sue possibilità.

La sensazione mi è abbastanza sgradevole anche se non è che mi spaventi l'opinione altrui.

È spiacevole per il fatto che da questa sensazione mi deriva la quasi certezza della crescente confusione che ci circonda.

E qui mi tornano in mente Confucio e Mao Zedong: "Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente!"

Infatti, contrariamente a quanto asserito da Mao, la situazione non è eccellente per una ipotetica "rivoluzione", ma proprio per impedirla.

La rivoluzione di cui parlo è una rivoluzione di tipo politico, ovvero la nascita, concreta, di una diversa visione della società che poi si trasformi appunto in una proposta politica concretizzabile. O perlomeno concretamente proponibile.

Invece tutto si origina da un punto apparentemente comune per poi svilupparsi e perdersi per vie che non sempre si riesce a comprendere.

E in questo è fortemente implicato il modo di percepire la realtà di molti di noi italiani.

Di fatto abbiamo due grandi gruppi che potremmo definire, nel maggiore di essi, come "indifferenti", e nel minore, come "non indifferenti" alla realtà che si muove attorno a noi.

Paradossalmente il gruppo più frammentato credo sia quello dei "non indifferenti". E forse ha una sua logica che potrebbe risiedere proprio nella comprensione della realtà ma resa più complicata da ciò che si comprende e come lo si comprende.

Manca un recettore di tutte le istanze, o perlomeno buona parte di esse, che poi le teasformi in una proposta sociale e politica concretizzabile.

Questo accade per vari motivi.

Non ultimo la logica limitatezza dei singoli proponenti che una volta raggiunto un certo grado non riescono ad attrarre e nel contempo nemmeno a sintetizzare e coniugare la propria proposta con quella di altri seppur partendo da apparenti  simili presupposti.

Non è che per le forze politiche "tradizionali" sia diverso, ma loro attingono nella parte della maggioranza degli italiani, gli "indifferenti", e quindi il problema è diverso, se non opposto: apparire, non necessariamente essere diversi, per garantirsi e mantenere una quota vitale per sopravvivere e gestire la cosa pubblica sperando di averne una maggiore disponibilità grazie alle quote di consenso raccattate.

Quindi ecco perché mi sento "disco rotto" tra tanti dischi rotti: siamo sempre a parlare delle stesse cose ma cercando ciò che ci differenzia e non ciò che ci unisce.

E quando si crede di aver trovato ciò che ci unisce lo si fa solo per apparenza altrimenti molte situazioni, al comando di capi e capetti, non si capisce come si possano sgretolare in un attimo.

Poi mi viene in mente un'altra frase di Mao Zedong: "La Rivoluzione non è un pranzo di gala".