Falsa competizione

 


Competere. Abbassare i costi. Sacrifici. Rimodulazione delle condizioni contrattuali. 

Sono alcuni dei termini con cui da anni ci inculcano concetti di presupposta natura economica aggiunti a ricette per la salvaguardia della competitività produttiva nazionale.

Eppure anche dopo molti passi indietro e dopo molte parole riferite alle famose "certificazioni" degli standard lavorativi in paesi come la Cina, Bangladesh, India e così via, la situazione relativa alla qualità della vita dei lavoratori peggiora sempre più.

Viviamo in un mondo patinato di regole e procedure, controlli e sanzioni, obblighi e certificazioni. 

Eppure la qualità vera delle condizioni sui luoghi di lavoro è sempre in peggioramento.

Ci martellano incessantemente con un termine: competitività.

Questo termine è sentito continuamente eppure a ben analizzare le vicende legate all'imprenditoria nazionale messa in relazione a quella internazionale, e quindi delle multinazionali, l'ipocrisia del concetto è evidente.

Aziende artigiane e di piccola dimensione, che compongono la maggior parte del tessuto economico ed imprenditoriale nazionale , vengono messe sotto pressione continuamente dalle istituzioni che di fatto favoriscono la.polirica predatoria del sistema liberista che sta prendendo piede e che tanti danni e dolore sta distribuendo.

La falsa competizione nel cui nome si stanno mietendo aziende e quindi vite è il risultato dell'accondiscendenza di una parte considerevole, ormai tutta, delle forze politiche e degli uomini ed apparati che siedono nelle istituzioni.

Con la scusa di una maggiore competitività oltre a falcidiare le imprese di ogni livello, sono state regalate, per il mezzo delle famigerate privatizzazioni, a prezzi da saldo, i pezzi migliori delle grandi aziende nazionali e di interesse strategico.

Nello stesso tempo, sempre in nome della competitività, si sono sempre più rese irrisorie le tutele per i lavoratori e le somme degli stipendi della maggior parte di essi.

Per il combinato disposto delle privatizzazioni e degli affidamenti ad aziende di somministrazione lavoro da parte della pubblica amministrazione, assistiamo all'esborso di somme che nei fatti corrispondono ad una forma di caporalato legalizzato.

Si paga la forza lavoro a società che a loro volta lucrano sui lavoratori stessi grazie a forme contrattuali mortificanti. 

Eppure gli utili di queste aziende, che poi sono in gran parte tutte facenti parte di multinazionali, salgono sempre. 

Ovvero una sorta di "Robin Hoodismo" al contrario.

Di fatto le multinazionali stanno facendo chiudere molte attività desertificando, commercialmente, di fatto, intere aree.

E quindi, per il mezzo di disponibilità economiche pressoché illimitate, assumendo una chiara posizione di monopolio.

Ovvero proprio il contrario di quello che cercano di propinarci con il concetto di competitività nell'accezione neoliberista.

Il risultato? Si gioisce quando i nostri figli laureati, anche con il massimo dei voti, finiscono a sfornare panini o a riempire scaffali  accontentandosi di spiccioli e nell'immaginario collettivo ormai è stata impiantata di fatto la certezza che questo sia colpa nostra e dei nostri figli e che dovremmo anche ringraziare chi, prima distrugge il tessuto economico nazionale e poi lo pone sotto monopolio offrendoci spiccioli grazie alle misure messe in atto dalla politica per stimolare la famosa competitività.

A ben vedere il cane che si morde la coda per poi sbranare il popolo italiano.