Il green pass è solo burocrazia cattiva

Il termine "certificare" da cui deriva tutto ciò che sta per "garantire", "documentare" e via dicendo, come anche da vocabolario Treccani e non solo, nel caso del #greenpass è stato usato evidentemente in maniera fortemente distorta.

Con quel documento, corrispondente ad un QR code, non si è fatto altro che obbligare milioni di italiani a sottoporsi ad un qualcosa per poi poter certificare il proprio stato di salute.

Ma uno stato di salute, come ampiamente visto e documentato, e in questo lungo periodo dimenticato, non è certificabile riferito ad eventuali patologie o infezioni virali possibili.

Ancor più se la presupposta certificazione avviene perché ci si è sottoposti a preventive cure che non azzerano tale evenienza infettiva, ma anche questo ce lo siamo dimenticati in questo lungo periodo.

Quindi, a rigore di logica, il #greenpass altro non è che un documento burocratico che evidentemente ha altre finalità seppur imposto surrettiziamente per altre presunte prerogative.

Ergo, il #greepass altro non è che uno degli step per il mezzo del quale gli obiettivi da raggiungere sono molteplici tra cui: contarci e schedarci in maniera da dotare ognuno di noi di un QR code e nello stesso tempo indurci a considerare la democrazia come uno strumento fallace di fronte alle emergenze.

Mi chiedo quindi, come potrebbe la burocrazia, rappresentata dal #greenpass, risolvere le questioni che la democrazia non risolve?

Con la paura ed il terrore finalizzate all'inquadramento in un sistema che poco tollera l'imprevedibilità umana e la respinge come fosse essa stessa virale: la vita.