Essa è la capacità dei singoli individui e delle comunità di recuperare dopo un brutto evento e riadattarsi alla nuova situazione.
È un termine e quindi un concetto molto positivo.
Chi non si è trovato di fronte a una qualche difficoltà per poi stringere i denti e recuperare.
Questo in tutti i campi della vita.
Va da sé che per raggiungere un risultato positivo dopo un avvenimenti negativo e quindi divenire resilienti necessitano vari fattori.
Non ultimo ma credo proprio quello principale: reagire [2]
Reagire per contrastare l'azione o il fatto negativo che si sta subendo. Indipendentemente dal come si sviluppa e origina.
Però il termine resilienza nel periodo che stiamo "vivendo", questo periodo che hanno deciso e definito di "transizione", ha di fatto assunto un nuovo concetto e si è quasi trasformato. Non del tutto, ma, per quanto riferito alle persone, è stato presentato come mancante di una vera forza reattiva e quindi di contrasto.
Uno degli esempi che spesso viene utilizzato è quello dell'albero che piegato dal vento assume un aspetto molto diverso da quello che solamente ci si aspetta.
Il concetto di resilienza si è trasformato quasi in una sorta di sinonimo di accettazione puro e semplice, senza reazione se non ribellione in fatti umani indotti.
Una accettazione che non prevede minimamente la reazione e quindi il contrasto alla sopravvenienza che ci sta sottoponendo a stress e cambiamenti non preventivati e indipendenti dalla nostra volontà.
"Nulla sarà come prima" e questo nuovo concetto di resilienza/accettazione hanno attecchito in molti.
Anche inconsapevolmente ma profondamente.
È l'ennesima dimostrazione della potenza delle parole e del loro significato vero.
Le parole come resilienza hanno un bagaglio concettuale che se non conosciuto, o almeno verificato, manipolandone il senso, cambiano le persone e quindi la società.
In questo caso hanno contribuito a condurci in uno stato di diffusa subalterna accettazione a prescindere di tutto ciò che viene prodotto "per il nostro bene".